Il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, già sotto impeachment per sovversione e abuso d’ufficio, è stato arrestato.
Ore caldissime in Corea del Sud dove il presidente Yoon Suk-yeol è stato arrestato. A renderlo noto ci ha pensato l’agenzia dell’anticorruzione (Cio) di Seul. Si tratta del primo presidente in carica, anche se già sospeso dalle sue funzioni a causa della procedura di impeachment in corso, nella storia del Paese a finire in manette.
Corea del Sud, arrestato il presidente Yoon
Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, sotto impeachment per sovversione e abuso d’ufficio, è stato arrestato in queste ore. Lo ha riferito l’agenzia dell’anticorruzione (Cio) di Seul, facendo così dell’ex procuratore capo nazionale il primo presidente in carica nella storia della Corea del Sud a finire in manette. Va precisato che lo stesso Yoon fosse stato già sospeso dalle sue funzioni di numero uno.
Secondo quanto riferisce la Yonh, il presidente sudcoreano, che dovrà rimanere in isolamento nel centro di detenzione di Seul, si è rifiutato di testimoniare negli interrogatori avvenuti immediatamente dopo l’arresto.
I dettagli dell’arresto
Dalle informazioni che trapelano sulla vicenda, sarebbero emersi dettagli anche sulle modalità di arresto del presidente. Gli investigatori, dopo lunghi negoziati, sono riusciti al loro secondo tentativo ad arrestare Yoon mentre si trovava nella sua residenza.
Da quanto si apprende, il mandato di cattura “è stato eseguito alle 10:33” (le 2:33 in Italia). A riferirlo è stato l’Ufficio d’indagine sulla corruzione per funzionari di alto rango (Cio), l’anticorruzione di Seul, escludendo qualsiasi ipotesi di comparizione volontaria.
Pare ci sarebbero anche delle riprese in diretta tv trasmesse anche in streaming che mostrano, appunto, i dettagli delle fasi dell’arresto. Nelle immagini apparirebbe un convoglio di veicoli, tra bus e auto della polizia, intento a lasciare il complesso della residenza presidenziale nel centro della capitale sudcoreana al fine di dirigersi verso la sede del Cio di Gwacheon, a sud di Seul.
Rispetto a quanto accaduto nel primo tentativo di arresto, le forze dell’ordine dell’anticorruzione non hanno segnalato alcun confronto fisico. In precedenza, ad inizio mese, vi era stato uno scontro di sei ore con le guardie di sicurezza presidenziali con tanto di rischio di potenziale confronto armato.
Il messaggio prima delle manette
Al netto di quella che sembra essere la posizione di Yoon di non voler parlare durante gli interrogatori, il presidente avrebbe preregistrato un messaggio nelle fasi antecedenti all’arresto subito.
In tale documento, Yoon avrebbe affermato di aver accettato e deciso di sottoporsi agli interrogatori dell’anticorruzione sulla breve imposizione della legge marziale del 3 dicembre al fine di evitare “spargimenti di sangue”. A dispetto delle “numerose illegalità contestate all’inchiesta, ho deciso di rispondere all’ufficio investigativo sulla corruzione”, le sue parole nelle quali avrebbe ribadito di non accettare “la legalità dell’inchiesta” e precisando che si stava adeguando “per impedire qualsiasi sfortunato spargimento di sangue”.
La reazione dell’opposizione
A seguito dell’arresto avvenuto in queste ore del presidente Yoon sono state diverse le reazioni. In particolare spicca quella del Partito democratico sudcoreano, la principale forza d’opposizione.
Secondo il partito, l’arresto del deposto presidente Yoon “è il primo passo verso il ripristino dell’ordine costituzionale, della democrazia e dello Stato di diritto. Anche se tardivo, è davvero un bene che si possa confermare che l’autorità pubblica e la giustizia in Corea del Sud sono ancora vive”. Sono state queste le parole riportate da diversi media e attribuite al capogruppo Park Chan-dae dette ad una riunione del partito.
La vicenda legata a Yoon è arrivata a questo punto dopo che da oltre un mese in Corea del Sud si svolgevano regolarmente manifestazioni dell’opposizione per chiedere l’arresto e le dimissioni del presidente.